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Corte d'Appello di Bologna > Contratti a termine
Data: 22/11/2004
Giudice: Schiavone
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: Non disponibile
Parti: Sandra F. / Ministero della Pubblica Istruzione / Provveditorato agli Studi di Parma
CAUSALE DI CONTRATTO A TERMINE PER PUNTE STAGIONALI: LEGITTIMITA’ - SOSTITUZIONE CD. “A CASCATA”- PROVA DELLO SCORRIMENTO: NECESSITA’ –DECORRENZA DEL DIRITTO AL RISARCIMENTO DEI DANNI: DATA DI OFFERTA DELLA PRESTAZIONE LAVORATIVA.


In conseguenza della declaratoria di nullità di due contratti a termine una lavoratrice aveva ottenuto dal Tribunale di Parma una condanna alla riammissione al posto di lavoro con pagamento delle retribuzioni omesse dal primo contratto fino al definitivo reinserimento aziendale. Il primo giudice aveva rifiutato come idoneo un accertamento dell’Ispettorato del lavoro in ordine alla sussistenza dei presupposti per la concessione dell’autorizzazione per punte stagionali, non effettuato in loco ma svolto solo sulla base di verifiche statistiche di compatibilità economico settoriale. Aveva inoltre ritenuto illegittimo un secondo contratto motivato dalla necessità di sostituzione di una dipendente in aspettativa generica prevista dal contratto collettivo, negando ricorressero i presupposti contrattuali per dar luogo all’aspettativa generica. La Corte d’Appello di Bologna, condividendo solo parzialmente le motivazioni del giudice di primo grado, coglie l’occasione per pronunciarsi su una serie di temi connessi alla legislazione, vecchia e nuova, in materia di contratti a tempo determinato. Appena un breve cenno meritano le le tematiche - oggi superate dal dlgs. n. 368/2001 - in tema di intervenuta presunta scadenza (in coincidenza con l’attuazione della riforma del collocamento) delle disposizioni normative che avevano previsto la causale per “punte stagionali” e quelle in tema di non imputabilità alla società datrice della (eventuale) illegittimità dell’atto amministrativo di autorizzazione: su tali punti la Corte ha respinto la tesi del lavoratore, accolte invece in primo grado. Riteniamo peraltro più importante soffermarci sulla questione relativa alla mancata indicazione, nel secondo contratto a termine, dello scorrimento operato. Secondo la Corte d’Appello il datore di lavoro è libero nel determinare il tipo di organizzazione aziendale, sicché la sostituzione a scorrimento non entra a far parte di un contratto destinato all’assunzione a termine (v. Cass. n. 3033/1990). Ciò peraltro non esime il datore di lavoro dall’onere di dimostrare in giudizio lo scorrimento stesso: a fronte, infatti, del rilievo (non contestato) che le mansioni della ricorrente non coincidevano con quelle della lavoratrice assente con diritto alla conservazione del posto, è necessaria la prova di una correlazione (di tipo causale) tra l’attività del sostituto e quella del sostituito. In ipotesi di sostituzioni successive cd. “per scorrimento” o “a catena” occorre infatti, secondo la Corte di Cassazione, “una correlazione tra assenza ed assunzione a termine, nel senso che la seconda deve essere realmente determinata dalla necessità creatasi nell’azienda per effetto della prima” (Cass. n. 11699/2003; conf. n. 3033/1990; n. 1143/1986; n. 2729/1986; n. 4357/1986; n. 4360/1986; n. 1675/1984). Mancando tale prova non potrebbe più parlarsi di sostituzione per scorrimento, ma di mera coincidenza temporale tra la sostituzione interna del dipendente assente e l’assegnazione del sostituto ad una posizione nient’affatto correlata a quella lasciata scoperta del dipendente assente. Infatti secondo l’insegnamento della Suprema Corte “Nel processo del lavoro le parti concorrono a delineare la materia controversa, di talché, ove i fatti costitutivi del diritto dedotto dal ricorrente non siano oggetto di specifica contestazione da parte del resistente (costituito) i fatti stessi sono da considerarsi esistenti, perché restano estranei alla materia del contendere ed al conseguente potere di accertamento del giudicante. Tale principio è applicabile anche al giudizio di secondo grado, avendo l’appellato, pur se non soccombente, l’onere di riproporre la contestazione, in modo espresso, con la memoria di costituzione” (Cass. n. 6663/2004; Conf. n. 15746/2003; n. 535/2003; n. 17665/2002). Ed in presenza di una – tuttora vigente – presunzione di legge sulla durata a tempo indeterminato, l’onere della prova della sussistenza dei presupposti non può gravare se non a carico del datore di lavoro. Sul piano patrimoniale la Corte d’Appello ha confermato un suo recente precedente (Sentenza del 6 luglio 2004, in RGL News n. 5/04) ove - chiamata come giudice del rinvio a dare applicazione al principio di diritto sancito dalla sentenza della Corte di Cassazione 8 ottobre 2002 n. 1441 secondo cui la società “è tenuta al pagamento del risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni perdute dalla lavoratrice dalla data di offerta delle prestazioni lavorative a quella della effettiva riammissione in servizio” - ha fatto retroagire il diritto al pagamento non già alla data di notifica del ricorso, bensì alla prima lettera stragiudiziale di formale offerta della prestazione lavorativa (prodotta in giudizio), nel caso di specie relativa al secondo contratto a termine